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Colà, alzati gli occhi alle mura del castello, mastro Bernardo vide la finestra della nipote, illuminata, ma chiusa. Stava per gridare; ma in quel mentre, un soldato aveva veduto biancheggiare alcun che tra gli sterpi. Era l’appiccatura delle lenzuola, per cui dovevano tirarsi in casa, secondo l’indettatura di Gilda, ma che oramai non poteva servire più a nulla.

Mastro Bernardo capì che quell’utile ordigno qualcuno lo aveva buttato dalla finestra, e che questo messer qualcuno non era un tale a cui mettesse conto la loro ascensione. E fin qui la prova della sua intelligenza non offriva niente di strano. Ma il buono venne subito dopo, e fu una vera alzata d’ingegno, che doveva raccomandare il suo nome alla memoria dei posteri.

— Presto, ragazzi, a tôrre una scala! — gridò egli ai vicini. — Andate dai Bonorini, dai figli della Rossa, che stanno qui presso. Presto, una scala, due scale, vi dico; tre scale, anzi, quante scale si trovano. Più saranno, meglio per tutti! —

I casolari a cui mastro Bernardo accennava, erano appunto a breve distanza, giù per la costa del monte. Però le scale furono tratte al piè delle mura, prima che il bravo ostiere dell’Altino avesse il tempo di perdere la pazienza. Due di esse, legate insieme, raggiungevano a mala pena l’altezza del davanzale; ma il valentuomo non desiderava niente di più.

Per contro, vedendosi aiutato dalla fortuna, alzò l’animo a cose più grandi. Gli veniva udito al primo piano del castello un insolito tramestìo. I nemici entravano dunque allora dall’altra banda? E non si

poteva opporre sorpresa a sorpresa? Le scale c’erano, e

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