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CAPITOLO II.
Dove messer Giacomo Pico impara
che il torto è degli assenti.
Stropicciandosi le mani in segno di contentezza, tronfio, invanito di
quel colloquio, in cui aveva fatto prova di tanta penetrazione, mastro
Bernardo scese le scale; indi, comandato al ragazzo che stringesse le
cinghie alle cavalcature dei due forastieri, e alla Rosa che pigliasse
in cantina un fiaschetto di malvasia, entrò in cucina, dove stava il
nuovo venuto impaziente ad attenderlo.
Era costui un giovinotto di forse venticinque anni, che tale lo dinotava l’aspetto, fiorente della prima virilità, alto della persona, di membra robusto e di belle sembianze, quantunque infoscate un tal poco dalla torbida guardatura degli occhi cilestri e dallo aggrovigliarsi della chioma rossigna in ciocche scompigliate sul fronte. Semplice era la foggia del vestire; portava calze di lana divisata e scarpe di cuoio ruvido, alla guisa dei montanari; in capo aveva un’umil berretta e sulle spalle una cappa di bigello, alla borghigiana; ma il farsetto di cordovano e l’impugnatura d’una brava misericordia, che facean capolino dallo sparato, insieme colla punta d’una spada che usciva fuori ad una rispettabile lunghezza dal lembo della cappa, lo