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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Barrili - Castel Gavone.djvu{{padleft:41|3|0]]Al Fregoso, quantunque doge, non l’hanno voluta mostrare nemmeno dal buco della toppa; e’ bisognava dunque far capo più lunge; a Cascherano, verbi grazia. Cascherano! bel nome! E lo sposo n’ha un altro, per giunta alla derrata; ma ora e’ non mi vien sulle dita. —
Il Bardineto sudava freddo, e per un tratto non aveva potuto aprir bocca.
— Ma come sai tutto ciò, che io ignoro affatto?....
— Eh, lo capisco? se voi andate a fare l’ambasciatore! Da quanto tempo mancate?
— Da due settimane; cioè a dire, da quando è partito l’ultimo oratore dei Genovesi, messere Ambrosio Senarega. Sono stato a Cosseria, a Millesimo, a Cortemiglia, a Ponzone; ho dato infine una scorsa a tutte le castella delle Langhe.
— Orbene, e in questo mezzo s’è accozzato il negozio. Io sono stato il primo ad averne fumo, in paese. Sapete pure, messer Giacomino; madonna Bannina, che Iddio la prosperi sempre, n’ha fatto un cenno alla Gilda. La Gilda l’ha rifischiato a sua zia; e sua zia, che è poi nostra moglie, indegnamente, l’ha rapportato a me, com’era debito suo. Ma ora che ci penso, badate, gli era un segreto da tener sotto chiave, e voi da me non sapete nulla, intendiamoci; io non ho fiatato, acqua in bocca! me lo promettete? —
Messer Giacomo Pico non gli dava più retta; uscito in sull’aia, aveva infilato il portone, e via come una saetta.
— Ehi, dico, messer Giacomino, vi prego, non mi fate pasticci! — andava gridando l’ostiere. — Che diamine! ci ha il fuoco alle calcagna. E perchè mo’?