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— Infine! — proseguì il Picchiasodo, con quel suo piglio tra rispettoso e faceto. — Non mi par bella che due se la godano e gli altri due debbano stare a vedere. Voi, messer Pietro.... signor conte degnissimo, ve la farete con chi vi ha provocato, e sta bene; ma noi, noi due, seguaci delle parti in contesa, per che altro ci troveremmo qui, a fare il paio, se non per seguire l’esempio? —

Messer Pietro si strinse nelle spalle e crollò il capo in atto di dire: accomodatevi, io non ci vedo alcun male.

— Animo dunque; a voi, messere dell’archibugio, — disse il vecchio soldato, volgendosi a Tommaso Sangonetto; — dite la vostra opinione.

— Io?... Ah!... — rispose questi confuso, come se cascasse dalle nuvole. — Eh, certo, sarebbe una bella pensata! Ma ecco, per incrociare le spade, ci vorrebbe un quid... la causa agendi....

— Che diamine m’andate voi latinando? — gridò il Picchiasodo imbizzarrito. — Sareste voi chierico, per avventura?

— Eh! un pochino; — rispose quell’altro, facendo bocca da ridere, ma senza averne gran voglia. — Ho scombiccherato qualche foglio di carta presso un notaio, e mi capirete....

— Sì, capisco alla prima che ci avete inchiostro per sangue, dentro le vene.

— Oh, mi meraviglio!... — sclamò il Sangonetto; rizzando la testa.

— Orbene, vediamo dunque che cos’è; fuori lo spiedo! —

E così dicendo il Picchiasodo trasse la spada dal fodero.

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