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— Fuori, e sia; fuori dunque! — ripetè il Sangonetto, che già più sapeva a qual santo votarsi.

E messe mano al suo coltellaccio. Ma qui per fortuna gli venne trovata la gretola.

— Ecco il mio spiedo! — diss’egli, con aria di trionfo. — Voi ci avete la spada d’Orlando, e vi fa comodo di metterla fuori; io, colto alla sprovveduta, non ci ho che un coltello da caccia; vedete! —

Il Picchiasodo rimase lì grullo per un istante a guardarlo. Ma egli non era uomo da smarrirsi per così poco, e trovò subito uno spediente da rimediare allo sconcio.

— Oh, non importa! — rispose. — Date a me il coltello; io cedo a voi la spada d’Orlando.

— Ma.... — balbettò il Sangonetto. — Non ci sarebbe generosità....

— Eh via! Non temete; con quel coltellaccio tra mani io mi riprometto di tagliarvi la punta del naso che avete rossa e lucente come una ciliegia marchiana. —

Fu questo per Tommaso Sangonetto il caso di vedersi perduto. Con quel diavolo d’uomo non la si potea vincere nè impattare.

Buon per lui che messer Pietro gli venne in aiuto.

— Anselmo! — diss’egli severo. — Lascialo stare; non c’è bisogno di combattere in quattro, dove la lite è soltanto tra due.

— Già, diteglielo voi, messere; — ripigliò il Sangonetto, ritornando da morte a vita. — Che bisogno c’è? Se ci fosse una ruggine tra noi, non direi di no... si potrebbe anche vederlo, questo taglio del naso. Ma

la ruggine non c’è, come non c’è la ciliegia, con vo-

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