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— Nicolosina, messere.

— Tu credi adunque che madonna Nicolosina non lo veda di buon occhio?

— Ma neanco per prossimo, starei per dire. Una savia e costumata fanciulla, che quel che vuole suo padre vuol lei! E poi, come supporre che una donnina a modo, e della sua levatura, si fosse invaghita di quel tanghero?

— Eh, quanto a ciò, se ne son viste tante, e il conte di Cascherano non sarebbe il primo.... Ma vedi il tuo messer Giacomino, come s’è invelenito! S’affanna per la gloria, il poverino! E se, per caso, le busca....

— Chi le ha, son sue! — sentenziò mastro Bernardo.

— Ah, bravo, tu mi fai l’eco! — ripigliò il Picchiasodo. — Ma guarda; le ha tocche davvero e son sue, questa volta. —

Queste ultime parole del vecchio soldato avranno detto al lettore che Giacomo Pico, dopo essersi lungamente e inutilmente affaticato per ferire il suo avversario, toccava egli invece una botta.

Si era adoperato per quattro, il povero Giacomo Pico; aveva messo l’ingegno e le forze, la rabbia e l’amor proprio alla prova, e non era venuto a capo di nulla. Messer Pietro, come si è detto, parava facilmente, senza scomporsi, senza riscaldarsi il sangue, e, contento di mandar vani i colpi del Bardineto, non profittava del suo vantaggio su lui. Sorrideva, frattanto sorrideva di continuo, come un vecchio schermidore che avesse a sostenere gli assalti d’un bambino, o d’un cieco. Ora, egli non è dire come quello eterno sorriso tornasse

molesto al Bardinato, che se

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