< Pagina:Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu
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“Oh dolci parolette
“Che tante volte Galatea mi ha dette!
“Vorrei che un saggio il vento
“Ne portasse agli dei del firmamento.„

Sì, questa è la Galatea che mi piace. Ma la mia non potrebbe esser quella di Teocrito? Amata pazzamente da Polifemo, è invaghita del giovane Aci. Sventuratissimo Polifemo! Quanti caldi sospiri, quante ardenti proteste, quante vane querele, che Ovidio ha raccolte, e non paion troppe al bisogno, in quella stemperata fuga d’esametri delle sue Metamorfosi! Che farci? Egli è la scarmigliata vecchiaia, ed Aci è la florida gioventù. Inoltre, il disgraziato Polifemo ha un occhio solo, quasi a significare la sua vita dimezzata. “Nel mezzo del cammin di nostra vita!„ Non ci sono ancor io, Dante da strapazzo, ancor io? Galatea è invaghita di Aci; non può essere altrimenti. Se un Aci non è ancora capitato, mettiamo pure che non sia molto lontano.

Per fortuna, non amo Galatea. Quattro chiacchiere, più garbate e più amene che mi vengano fatte, ora e sempre; ma niente di più.

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