< Pagina:Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

— 216 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu{{padleft:224|3|0]]assistere ad una scena che lo fece sudar freddo e scappare, più contento di cascare in mano ai ladri, che di rimanere al sicuro tra i frati. Figurarsi! nel fondo dell’orto, con gran solennità di processione e di preghiere latine, avevano seppellito vivo un povero fraticello, legato di funi e piangente come una vite tagliata. E perchè lo seppellivano vivo? Perchè aveva fatto la spia, rivelando al governo del duca che i monaci dell’abbazia frodavano la gabella; donde poi ne era venuto un processo, e i frati erano stati cacciati di là. Povera poesia del frate sepolto vivo! La storiella, incominciata così bene, da accapponar la pelle a tutte le nostre signore, finiva male, troppo male, in una question di gabella.

— Ma non è così; — gridai io. — La gabella ducale non c’entra per niente, oppure è molto più tarda. Il fraticello aveva fatto ben altro, da meritare quell’orribile sentenza. Se le signore permettono, la racconterò io, questa patetica istoria, che ricordo benissimo.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.