< Pagina:Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu
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  Il gentile terremoto
Con l’amabile suo moto
Diroccava le città;

  Ed il fulmine giulivo
Che non lascia uomo vivo
Saltellava qua e là.

Facciamoci avanti. Tra la siepe delle carpinelle e le falde del monte, serrata ai fianchi dal margine naturale del terreno e da quello di un rialto artificiale tutto vestito di zolle verdeggianti, corre un’acqua profonda, limpida e cristallina. Ah, capisco finalmente perchè il fiume abbia sete. Gli han fatto una pescaia molto più in su, e l’acqua se ne viene da un lato, per il suo canaletto, mormorando il suo saluto alle felci e ai capelveneri, cheta cheta immollando il terreno senza corroderlo. Quante erbe ci vivono, in quella grazia di Dio,

succhiandola con mille e mille radici! quanti fiori ci pendon sopra, come se volessero covarla con gli occhi innamorati! Fiorellini, fiorellini, oserò dir io i vostri nomi, nella barbara lingua dotta che voi non sa-

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