< Pagina:Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

— 240 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu{{padleft:248|3|0]]testa. Filippo ha messo fuori le pistole, con una diecina di cariche, ed io l’ho tutto consolato facendogli quattro centri nella testa e cinque nel costato dell’avversario di legno. Un colpo solo dei dieci aveva sgarrato di due linee, rompendo sempre il mostaccio poco raffaellesco che mi aveva disegnato Filippo.

La pistola andava a quel dio. Si venne alla spada. Ma qui Filippo è troppo più forte di me; non riesco a dargli che due bottonate, contro dieci che ne tocco da lui.

— Va bene, va bene ad ogni modo; — mi dice egli, soddisfatto abbastanza dei fatti miei. — Hai bisogno di scioglierti il pugno. Perciò, caro mio, meno lavoro di penna, e lascia dormire il poema. —

Tra questi passatempi arriva l’ora del desinare. E dopo desinare, tanto per affrettare la digestione, quattro assalti di sciabola, con rispettive ammaccature. Qui sono più fortunato; lo tocco cinque volte, contro sei che ne consegna a me; ed ho anche la fortuna d’essere stato il primo a toccare, cosa che non m’era avvenuta alla spada. Ne son feli-

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.