< Pagina:Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

— 255 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu{{padleft:263|3|0]]lezza di Galatea. Voi ci avete la fosforescenza, bellezza di lucciola, a cui è necessario il contorno dell’ombra. Non dico che non siate bella anche al sole; parlo così per necessità di compiere il paragone; intendo di dire che alla vostra bellezza è necessario l’accompagnamento delle abbigliature, delle acconciature, degli artifizi della moda. Tutto vi sta bene egualmente, lo so; ma nel fatto non siete che un magnifico figurino, anzi diciamo uno splendido modello di vimini, fatto a pennello nei suoi contorni, per uso delle modiste. Quando si è capito ciò, non occorre più altro. E si capisce in capo a tre giorni; dopo il qual termine la vostra bellezza non dice più nulla ad uno che abbia conosciuto Galatea, cioè la donna vera e la ninfa, il frutto primaticcio che ha sapore in se stesso e non dallo zucchero in cui bisogna giulebbarne tanti altri, il flore che ha una fragranza sua, senza bisogno di opoponax e di pelle di Spagna. —

Che orrore! direste. Ma io, arrivato a questo punto vorrei proseguire:

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.