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— Sì, ma come mi hai validamente aiutato! — risposi. — E come mi hai cacciato avanti... contro il merito mio!

— No, sai, o ben poco. Ammettiamo pure che non mi avresti dato la prima; quanto al resto, hai fatto il tuo potere, come io facevo il mio. Sei diventato fortissimo, e te ne faccio i miei complimenti. Già, quando si è avuta una buona scuola, non si dimentica più. Sono contento di te, quanto ne saranno scontenti i satelliti della contessa Adriana. Scommetto che se ne vanno entro i sette giorni. Felice mortale, a te.

— Ti ridico per la ventesima volta, che non ne sono innamorato.

Sciolta la mia questione d’amor proprio con quei là, penso a lei come al gran cane dei Tartari.

— E allora tanto meglio, o tanto peggio. Avrai tempo e libertà per ardere i classici incensi ad un’altra.

— Ma che! a nessuna, mio caro. Sai pure che il mio poema mi assorbe.

— E dalli col tuo poema; — gridò Filippo, con accento di comica stizza. — Io, vedi, se

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