< Pagina:Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

— 320 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu{{padleft:328|3|0]]Pilade, in casa? Venga lui ad assisterci; gli diremo in pochi salti e brutti il nostro bisogno, e sotto i suoi occhi c’infilzeremo come due ranocchi. Ti va?

— Mi va. Ohè, Pilade! —

Pilade non indugiò a comparirci davanti.

— Sei stato soldato, non è vero? — gli dissi.

— Tre anni, nei bersaglieri; — rispose, mettendosi involontariamente sull’attenti.

— Bene; e non hai paura?

— No, signor padrone; neanche di tre che scappino —

Filippo ride; ma non rido io, invelenito come sono.

— Benissimo; — ripiglio, e veramente poco in tuono colla risposta di Pilade. — Tu ora ci vedi qui, il signor Ferri e me, desiderosi di sbudellarci. Sì, e non c’è che ridire. Ci siamo offesi; nessuno di noi vuol cedere d’un punto; decidano dunque le armi. Tu resterai qui testimone, per poter dire al bisogno che tutto è passato d’amore e d’accordo tra noi. —

Pilade balena un istante, ed ammicca. Il mio discorso non finisce di piacergli.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.