Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 331 — |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu{{padleft:339|3|0]]capo; nessuno vuol cedere, nessuno si guarda più tanto o quanto; si fa a cozzare per cozzare, a colpire per la voluttà di colpire; vanno dove le vanno, e chi le tocca son sue; è l’inferno scatenato, è il finimondo, è l’ira di Dio. Poi... poi buio pesto e silenzio di tomba; non ho più visto, non ho sentito più nulla.
Quando riebbi coscienza di me, ero nella mia camera, lungo disteso nel mio letto. Mi guardai dattorno istupidito, non sapendo darmi ragione di niente. Adagino adagino, quasi volessi vedere se ero io e non un altro in quella postura, provai a muover la testa, e mi venne fatto; le braccia, e mi sentii dolere dalle spalle alle mani; le gambe, e non mi parve che rispondessero affatto.
Pilade era là, seduto in un angolo, ed io non lo avevo veduto. Si alzò, al primo gesto ch’io feci, e venne a raccomandarmi di star cheto.
— Ma che cos’è? — gli dissi, maravigliandomi un poco di sentir la mia voce. — Perchè sono in letto?
— Oh, c’è da un pezzo, signor padrone. Non si rammenta di sei giorni fa?