< Pagina:Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

— 371 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Barrili - Galatea, Milano, Treves, 1896.djvu{{padleft:379|3|0]]

— Per l’appunto; — diss’io, fremendo al contatto della mano di Galatea.

— E tremava, dunque?

— Può immaginarselo, colla paura che aveva.

— Strano! — diss’ella. — Ora mi pare che tremi Lei, signor Morelli.

Capisco; forse è pel ricordo.

— Le pare? A me pare, invece, che Lei voglia ridersi un pochino di me.

Ma basta; seguitiamo.

— Qui, poi, siamo all’argine del bottaccio; riprese la signorina; — al — largo, adunque, e non c’è più bisogno di tenersi per mano.

— Infatti, è vero; — diss’io. — Lei intende le cose, signorina, e le rifà come se fosse stata presente. Ma badi, che l’argine non continua sempre così forte e così largo. C’è ora quest’altro ponticello, che cavalca lo sportello della cateratta. A questo punto fu un altro guaio. La signora non si peritava più di venire avanti da sola; nè si poteva andar tutti e due sulla medesima fronte.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.