< Pagina:Bembo, Pietro – Rime.pdf
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

Pietro Bembo - Rime

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Bembo, Pietro – Rime.pdf{{padleft:108|3|0]]

CLII.

Tosto che la bell’alba, solo e mesto
Titon lasciando, a noi conduce il giorno,
e ch’io mi sveglio, e rimirando intorno
non veggo ‘l sol, che suol tenermi desto,4

di dolor e di panni mi rivesto,
e sospirando il bel dolce soggiorno,
che ‘l ciel m’ha tolto, a lagrimar ritorno:
la luce ingrata, e ‘l viver m’è molesto.8

Talor vengo agl’inchiostri, e parte noto
le mie sventure; ma ‘l più celo e serbo
nel cor, che nullo stile è che le spieghi.11

Talor pien d’ira e di speranze vòto,
chiamo chi del mortal mi scinga e sleghi:
o giorni tenebrosi, o fato acerbo!14

CLIII.

S’al vostro amor ben fermo non s’appoggia
mio cor, che ad ogni obietto par che adombre,
pregate lei, che ne’ begli occhi alloggia,
che di sì dura vita omai mi sgombre.4

Non sempre alto dolor, che l’alma ingombre,
scema per consolar, ma talor poggia:
come lumi del ciel per notturne ombre,
come di foco in calce esca per pioggia.8

Morte m’ha tolto a la mia dolce usanza:
or ho tutt’altro e più me stesso a noia,
anzi a disdegno, e sol pianger m’avanza.11


Letteratura italiana Einaudi 98

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Bembo, Pietro – Rime.pdf{{padleft:108|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.