< Pagina:Bembo, Pietro – Rime.pdf
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

Pietro Bembo - Rime

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Bembo, Pietro – Rime.pdf{{padleft:72|3|0]]

XCIX.

I chiari giorni miei passâr volando,
che fur sì pochi, e tosto aperser l’ale;
poi piacque al ciel, cui contrastar non vale,
pormi di pace e di me stesso in bando.4

Così molt’anni ho già varcato; e, quando
mancar devea la fiamma del tuo strale,
Amor, che questo incarco stanco e frale
tutto dentro e di fuor si va lentando,8

sento un novo piacer possente e forte
giugner ne l’alma al grave antico foco,
tal ch’a doppio ardo e par che non m’incresca.11

Lasso, ben son vicino a la mia morte:
ché pote omai l’infermo durar poco,
in cui scema virtù, febre rinfresca.14

C.

Sento l’odor da lunge e ‘l fresco e l’ôra
dei verdi campi, ove colei soggiorna,
che co’ begli occhi suoi le selve adorna
di fronde, e con le piante l’erba infiora.4

Sorgi da l’onde avanti a l’usat’ora
dimane, o sole, e ratto a noi ritorna,
ch’io possa il sol, che le mie notti aggiorna,
veder più tosto, e tu medesmo ancora.8

Ché sai, tra quanto scaldi e quanto giri,
beltade e leggiadria sì nova e tanta,
perdonimi qualunque altra, non miri.11


Letteratura italiana Einaudi 62

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Bembo, Pietro – Rime.pdf{{padleft:72|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.