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  E confitta per sempre la fortuna
  Credesti aver sotto le piante, – e forte
  Eri fra tutti i forti, e la tua spada
  Simile al raggio del Pianeta eterno
  Girò sull’universo. Ancor la terra
  Lo scalpito rammenta del cavallo
  Che ti portava alle vittorie, – e vinti
  Fur tutti, – anche la patria.

  Più non avesti freno
  Dacchè vedesti i popoli agitati
  Giuoco della tua destra; – e un riso amaro
  Dei mortali ti prese, – e il firmamento
  Forse afferravi col pensier profondo,
  Pensier, dove fremea l’onnipotenza.

  A mezzo il corso
  Cadesti; e quando il tuo pensiero anelo
  Si affacciava al futuro, era un’immensa
  Di tenebre pianura l’avvenire.

  Un’eterna
  Religïone adunque ha la Sventura
  Dai mortali adorata, – e un sacrificio
  Più che agli altri tremendo a te chiedea,
  E ti rapì la folgore di mano
  Onde al suo truce simulacro un mondo
  Immolavi, e la forza ti fugava
  Dal braccio onde squassasti un dì la vita
  Delle nazioni. Uomo tornasti, e tutta
  Sentisti l’umiltà di nostre sorti.



(*) Questi frammenti, quali noi li presentiamo ai Lettori, furono dall’Autore offerti in dono a un Amico suo dilettissimo. Forse egli intendeva da prima ordinare nel contesto di un componimento i concetti e le immagini, che venne in essi notando; ma nol fece poi mai.

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