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gione, quel segreto in somma, che

ci vuole per diventare un gran Maestro, e dire alla gente, fate, o non fate. Ma io voglio finirla, F.*** mio, e ti dirò, che son tutto tuo, di dentro e di fuori; – vero è che costo troppo poco, e un regalo siffatto sarebbe meglio a non farlo, ma ormai la parola è corsa. Ama dunque per sempre il tuo

1.º Agosto 1830.

Carlo.


P. S. Non passa giorno, che io non oda intuonarmi all’orecchie la canzone della prudenza, e son certo più per te, che per me. La prudenza, a dir vero, è un certo Santo cui finora non ho saputo trovare uno sgabello fra le mie religioni. Pure gli uomini gravi mi dicono con aria di compunzione, che ella fa sempre buono, e negli ardui eventi per la salute dell’uomo non vi è bussola altra, che questa. E qui forse diranno bene, e forse no; ma indossare ogni giorno quella livrea, com’essi vorrebbero, parmi appunto come portare sempre l’ombrello anche quando non piove. E tutto questo sia per non detto. ―

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L’epigrafe che precede queste Lettere spiega l’intendimento nostro nel pubblicarle: se non ci proponemmo principalmente di offrirle come dimostrazione d’ingegno, molto meno abbiamo mirato a metterle in luce come documenti, che per avventura potessero riuscire o lusinghieri o spiacevoli altrui. Quindi abbiam lasciato solo la iniziale dei nomi, e sostituito talvolta alla vera la generica N, od un X. Ogni discreta e gentil persona non vorrà, lo crediamo, disapprovare tale ommissione.

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