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da. Io non aveva vigore di muovermi, o di fare il minimo sforzo; ma io sentiva di aver sempre una vita, – sentimento di frenesia, quando sappiamo, che anime a noi care più non avranno una vita. Non so perchè non potessi morire: – non aveva speranza terrena, tranne la fede; e questa mi vietò, che io mi dessi colle mie mani la morte.
IX.
Quello che allora e dipoi avvenisse di me, io nol so bene, e nol seppi
giammai. Dapprima venne la perdita della luce, e dell’aria; quindi
delle tenebre ancora. Io non aveva pensiere, nè sentimento, – nulla: –
stetti una pietra fra le pietre; e mal sapendo quel ch’io immaginassi,
era come l’arida rupe fra le nebbie, – perchè tutto era vuoto, freddo,
ed oscuro: non era nè notte, nè giorno, neppure la luce della prigione
odiosa tanto agli occhi miei gravi: era un vuoto, che assorbiva lo
spazio; e qualche cosa di fisso, ma senza luogo. Non v’erano stelle, nè
terra, nè tempo, nè legge, nè vicenda, nè bene, nè male: ma silenzio;
e un respiro insensibile, nè di vita, nè di morte; un mare di ozio
stagnante, oscuro, illimitato, muto, ed immobile.
X.
Una luce mi balenò sulla mente: – era il canto di un uccello: – cessò,
– e poi venne di nuovo; – il canto più dolce, che orecchie umane
intendessero: ed io ringraziava, ascoltando, finchè i miei occhi in
ogni parte si volgessero per la lieta sorpresa; ma in quell’istante
non poterono scorgere come io fossi il fi-