Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
prima di
sospigner l’uscio ingentilisce la voce, e la manda dentro dicendo:
― È permesso? si può passare?
― Oh bella! se non passate voi, che avete le chiavi, chi deve passare?
― Vossignoria ha sempre ragione; ma io conosco con chi ho da trattare, e i miei doveri non li so d’oggi.
― Bene, bene. Che abbiamo di nuovo?
― Son venuto a sentir quel che occorre, conducendo meco quest’uomo.
― Avete fatto bene. Galantuomo, chi siete?
― Sono un trattore bello e buono, ai servigi di Vossignoria.
― Ah! siete un trattore? siete una cosa più necessaria della prigione.
― Viva la faccia di Vossignoria! in questi luoghi vuol essere borsa, e buon umore.
― Come vi chiamate?
― Marco Trappolanti ai servigi di Vossignoria.
― Avete un nome curioso.
― Eh! Signore! che vuole? tanto il nome che il grado son cose, che bisogna portarle come Dio ce le mette adosso. Se stesse a noi lo scegliere, non andrebbe così; – io mi sarei messo un nome lungo e liscio come una coda di cavallo, e invece di cucinare per gli altri farei cucinare per me. Non so se dico bene, sono un ignorante.
― Bisogna contentarsi. La provvidenza ha saputo quello che ha fatto. Ma veniamo al pranzo. Come mi tratterete.
― Vossignoria di certo non vorrà stare all’ordinario, – mi parrebbe un’offesa a proporglielo. Del resto la tratterò come merita, come vuol essere ser-