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[St. 63-66] libro i. canto vii 145

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63 Già non rideva Astolfo de nïente,
  E proprio par che ’l dica da davera.
  Non dimandar se il re Carlo è dolente,
  E ciascadun che è preso in quella schiera.
  Dice Turpino a lui: - Ahi miscredente!
  Hai tu lasciata nostra fede intiera? -
  A lui rispose Astolfo: - Sì, pritone,
  Lasciato ho Cristo, ed adoro Macone. -

64 Ciascuno è smorto e sbigotito e bianco:
  Chi piange, e chi lamenta, e chi sospira.
  Ma poi che Astolfo di beffare è stanco,
  Avanti a Carlo ingenocchion se tira,
  E disse: - Segnor mio, voi seti franco;
  E se il mio fallir mai vi trasse ad ira,
  Per pietate e per Dio chiedo perdono,
  Chè, sia quel ch’io mi voglia, vostro sono.

65 Ma ben ve dico che mai per nïente
  Non voglio in vostra corte più venire.
  Stia con voi Gano ed ogni suo parente,
  Che sanno il bianco in nero convertire.
  Il stato mio vi lascio obidïente;
  Io domatina mi voglio partire,
  Nè mai me posarò per freddo o caldo,
  In sin che Orlando non trovi e Ranaldo. -

66 Non sanno ancor se ’l beffa, o dice il vero:
  Tutti l’un l’altro se guardano in volto;
  Sin che Gradasso, quel segnor altiero,
  Comanda che ciascun via se sia tolto.
  Gano fu il primo a montare a destriero:
  Astolfo, che lo vede, il tempo ha còlto,
  E disse a lui: - Non andate, barone:
  Gli altri son franchi, e voi seti pregione. -

2. T. e Mr. da doveva. — 11. Mr. che A. di beffare stanco. — 24. MI. o. 26. MI. guardava.

Boi Alino. Orlando Innamorato. Voi. I. 10

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