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[St. 11-14] | libro i. canto xi | 203 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Boiardo - Orlando innamorato I.djvu{{padleft:213|3|0]]
11 Nè sì spesso la pioggia, o la tempesta,
Nè la neve sì folta da il cel cade,
Quanto in quella battaglia aspra e molesta
Se odino spesso e colpi delle spade.
E’ da l’arcion son sangue insin la testa:
Mai non se vide tanta crudeltade.
Ciascun de vinte piaghe è sanguinoso,
E cresce ognor lo assalto furïoso.
12 Vero è che Sacripante sta pur peggio,
Perchè versa più sangue il fianco fore;
Ma lui della sua vita fa dispreggio,
E riguardando Angelica, il bel fiore,
Fra sè diceva: "O re del celo, io cheggio
Che quel ch’io faccio per soperchio amore
Angelica lo veda, e siagli grato;
Poi son contento di morir nel prato.
13 Io son contento al tutto de morire,
Pur ch’io compiaccia a quella creatura.
Oh se lei nel presente avesse a dire:
’Certo io son ben spietata e troppo dura,
Facendo un cavallier de amor perire,
Che per piacermi sua vita non cura!’
Se ciò dicesse, ed io fossi acertato,
E morto e vivo poi serìa beato."
14 E sopra a tal pensier tanto se infiama,
Che non fu cor giamai così perverso;
Ad ogni colpo Angelica pur chiama,
E mena il brando a dritto ed a roverso.
Altro non ha nel cor che quella dama:
Piaga non cura, o sangue che abbia perso;
Ma pur il spirto a poco a poco manca,
Benchè nol sente, ed ha la faccia bianca.
7. T. e MI. de vinte. — 11. P. Benché de la. — 24. Mr. MoHo e. — 25. P. 5' infiamma a tal pensier, ed arde, ed ama.