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[St. 75-78] libro i. canto xii 233

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75 Poi che Tisbina ad Iroldo fo gionta,
  Ritrovandol col capo ancora involto,
  La cortesia di quel baron li conta,
  E come solo ha un bacio da lei tolto.
  Iroldo dal suo letto a terra smonta,
  E con man gionte al celo adriccia il volto;
  Ingenocchiato, con molta umiltate
  Prega Dio per mercede e per pietate,

76 Che Lui renda a Prasildo guiderdone
  Di quella cortesia dismisurata.
  Ma, mentre che lui fa la orazïone,
  Cade Tisbina, e pare adormentata;
  E fece il succo la operazïone
  Più presto ne la dama delicata;
  Chè un debil cor più presto sente morte
  Ed ogni passïon, che un duro e forte.

77 Iroldo nel suo viso viene un gelo,
  Come vede la dama a terra andare,
  Che avea davanti a gli occhi fatto un velo:
  Dormir soave, e non già morte appare.
  Crudel chiama lui Dio, crudel il celo,
  Che tanto l’hanno preso ad oltraggiare;
  Chiama dura Fortuna, e duro Amore,
  Che non lo occida, ed ha tanto dolore.

78 Lasciàn dolersi questo disperato:
  Stimar puoi, cavallier, come egli stava.
  Prasildo nella ciambra se è serrato,
  E così lacrimando ragionava:
  "Fu mai in terra un altro inamorato
  Percosso da fortuna tanto prava?
  Chè, se io voglio la dama mia seguire,
  In piccol tempo mi convien morire.

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