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234 orlando innamorato [St. 79-82]

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79 Così quel dispietato avria solaccio,
  Che è tant’amaro e noi chiamiamo Amore.
  Prèndeti oggi piacer del mio gran straccio,
  Vien, sàziati, crudel, del mio dolore!
  Ma al tuo mal grato io ne uscirò d’impaccio
  Chè aver non posso un partito peggiore,
  E minor pene assai son nello inferno
  Che nel tuo falso regno e mal governo."

80 Mentre che se lamenta quel barone,
  Eccoti quivi un medico arivare.
  Dimanda di Prasildo quel vecchione,
  Ma non ardisce alcuno ad esso entrare.
  Diceva il vecchio: "Io, stretto da cagione,
  Ad ogni modo li voglio parlare;
  Ed altramente, io vi ragiono scorto,
  Il segnor vostro questa sera è morto."

81 Il camarier, che intese il caso grave,
  Di entrar dentro alla zambra prese ardire,
  (Questo teneva sempre un’altra chiave,
  Ed a sua posta puotea entrare e uscire);
  E da Prasildo con parlar soave
  Impetra che quel vecchio voglia odire.
  Benchè ne fece molta resistenza,
  Pur lo condusse nella sua presenza.

82 Disse il medico a lui: "Caro segnore,
  Sempremai te aggio amato e reverito;
  Ora ho molto sospetto, anzi timore
  Che tu non sia crudelmente tradito;
  Però che zelosia, sdegno ed amore,
  E de una dama il mobile appetito,
  Chè è raro a tutte il senno naturale,
  Possono indurre ad ogni estremo male.

1. T., MI. e Mr. hauria. — 26. MI. e Mr. te ho; P. t'ho. — 31. T., MI Mr. Che raro. .

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