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[St. 15-18] libro i. canto xiii 241

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15 E già vicino a terra è gionto al basso:
  Poco è Ranaldo da lui dilungato,
  Che li cade vicino a men d’un passo.
  Percosse al capo quel dismisurato,
  E mena nel cader sì gran fraccasso,
  Che tremar fece intorno tutto il prato.
  Tal periglio a Ranaldo è stato un sogno;
  Ora aiutilo Dio, chè egli è bisogno.

16 Però che quel grifone in giù venìa
  Ad ale chiuse, con tanto romore,
  Che il celo e tutta l’aria ne fremia,
  Ed oscurava il sole il suo splendore,
  Così grande ombra quel campo copria:
  Mai non fo vista una bestia maggiore.
  Turpin lo scrive lui per cosa certa,
  Che ogni ala è dece braccia, essendo aperta.

17 Ranaldo fermo il grande uccello aspetta,
  Ma poco tempo bisogna aspettare,
  Perchè, quale è di foco una saetta,
  Cotal vide il grifon sopra arivare.
  Lui si stava ben scorto alla vedetta;
  Nella sua gionta un colpo ebbe a menare:
  Sotto la gorga, a ponto al canaletto
  Gionse un traverso, e fese assai nel petto.

18 Non fu quel colpo troppo aspro e mortale,
  Però che al suo voler non l’ebbe còlto;
  Quel torna al cel battendo le grande ale,
  E furïoso ancor giù se è rivolto.
  Gionse ne l’elmo quel fiero animale,
  E il cerchio con lo ungion tutto ha disciolto,
  Nè ’l rompe, nè lo intacca, tanto è fino!
  Lo elmo è fatato, e già fo di Mambrino.

y. V. cadde. - 12. T. e MI. ai aoU. — 21). T., MI. o P. (Joial. - 21. T. MI. e P. vedetta. — 23. T., MI. o Mr. cavaletto. — Bl. T. e MI. ruppe.

BoiAnuo. Orlo/iKÌo innamorato. Voi. I.

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