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254 orlando innamorato [St. 7-10]

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7 Grosso era il fiume al mezo dello arcione,
  De sassi pieno, oscuro e roïnoso.
  Mena il centauro spesso del bastone,
  Ma poco nôce al baron valoroso,
  Che gioca di Fusberta a tal ragione
  Che tutto quello ha fatto sanguinoso;
  Tagliato ha il scudo il cavalliero ardito,
  E già da trenta parte l’ha ferito.

8 Esce del fiume quello insanguinato,
  Ranaldo insieme con Fusberta in mano,
  Nè se fu da lui molto dilungato,
  Che gionto l’ebbe quel destrier soprano;
  Quivi lo occise sopra al verde prato.
  Or sta pensoso il sir de Montealbano,
  Non sa che far, nè in qual parte se vada:
  Persa ha la dama, guida de sua strada.

9 A sè d’intorno la selva guardava,
  E sua grandezza non puotea stimare;
  La speranza de uscirne gli mancava,
  E quasi adrieto volea ritornare,
  Ma tanto ne la mente desïava
  Da quello incanto il conte Orlando trare,
  Che sua ventura destina finire,
  O, questa impresa seguendo, morire.

10 Ver Tramontana prende la sua via,
  Dove il guidava prima la donzella;
  Ed ecco ad una fonte li apparia
  Un cavalliero armato in su la sella.
  Or Turpin lascia questa diceria,
  E torna a raccontar l’alta novella
  Del re Agricane, quel tartaro forte,
  Che è chiuso in Albracà dentro alle porte.

2. P. e scuro. — 16. P. Perso. — 24. Mr. sequendo.

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