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276 orlando innamorato [St. 27-30]

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27 Agrican combattea con Aquilante
  Alor che Orlando mena tal roina;
  Angelica ben presso gli è davante,
  Che trema come foglia la meschina.
  Eccoti gionto quel conte de Anglante;
  Con Durindana mai non se raffina:
  Or taglia omini armati, ora destrieri,
  Urta pedoni, atterra cavallieri.

28 Ed ebbe visto il Tartaro da canto,
  Che facea de Aquilante un mal governo,
  Ed ode della dama il tristo pianto:
  Quanta ira allora accolse, io nol discerno.
  Su le staffe se riccia, e dassi vanto
  Mandar quel re de un colpo nello inferno;
  Mena a traverso il brando con tempesta,
  E proprio il gionse a mezo della testa.

29 Fu quel colpo feroce e smisurato,
  Quanto alcuno altro dispietato e fiero;
  E se non fosse per lo elmo incantato,
  Tutto quanto il tagliava de legiero.
  Sbalordisce Agricane, e smemorato
  Per la campagna il porta il suo destriero;
  Lui or da un canto, or dall’altro si piega,
  Fuor di se stesso andò ben meza lega.

30 Orlando per lo campo lo seguia
  Con Brigliadoro a redina bandita;
  In questo il re Lurcone e Santaria
  Con gran furor la dama hanno assalita.
  Ciascun de’ quattro ben la diffendia,
  Ma non vi fu rimedio alla finita:
  Tanto la gente adosso li abondaro,
  Che al mal suo grado Angelica lasciaro.

22. MI. e Mr. il porta il destriero ; P. il portava il d. — 23. MI. e P. et Jior dq, V altro piega. — 32, P, a fìf^al,

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