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[St. 31-34] libro i. canto xv 277

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31 Re Santaria davante in su l’arcione
  Dal manco braccio la dama portava,
  E stava a lui davanti il re Lurcone;
  Poliferno ed Uldano il seguitava.
  Era a vedere una compassïone
  La damigella come lacrimava;
  Iscapigliata crida lamentando,
  Ad ogni crido chiama il conte Orlando.

32 Oberto, Clarïone ed Aquilante
  Erano entrati nella schiera grossa,
  E di persona fan prodezze tante,
  Quante puon farsi ad aver la riscossa;
  Ma le lor forze non eran bastante,
  Tutta è la gente contra de lor mossa.
  Ora Agricane in questo se risente:
  Tranchera ha in mano, il suo brando tagliente.

33 Verso de Orlando nequitoso torna
  Per vendicare il colpo ricevuto;
  Ma il conte vede quella dama adorna,
  Che ad alta voce li domanda aiuto.
  Là se rivolta, che già non soggiorna,
  Chè tutto il mondo non l’avria tenuto;
  Più de una arcata se puotea sentire
  L’un dente contra a l’altro screcienire.

34 Il primo che trovò, fo il re Lurcone,
  Che avanti a tutti venìa per lo piano.
  Il conte il gionse in capo di piatone,
  Però che ’l brando se rivolse in mano;
  Ma pur lo gettò morto dello arcione,
  Tanto fo il colpo dispietato e strano.
  L’elmo andò fraccassato in sul terreno,
  Tutto di sangue e di cervello pieno.

9. MI. Chiarione. — 12. Mr. Quanto', MI. haver la.— 24. MI. 8creccenire\ P. De l' un dente con l'altro 8cr.

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