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[St. 47-50] libro i. canto xv 281

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47 Cridava il conte in voce sì orgogliosa,
  Che non sembrava de parlare umano.
  Trufaldino avia l’alma timorosa,
  Come ogni traditore ha per certano;
  E vista avia la forza valorosa,
  Che mostrata avea il conte sopra al piano;
  Chè sette re mandati avia dispersi,
  Rotti e spezzati con colpi diversi.

48 E già pareva a quel falso ribaldo
  Veder la rocca de intorno tagliata,
  E roinar il sasso a giù di saldo
  Adosso ad Agricane e sua brigata,
  Perchè vedeva il conte de ira caldo,
  Con gli occhi ardenti e con vista avampata.
  Onde a un merlo se affaccia e dice: - Sire,
  Piacciati un poco mia ragione odire.

49 Io non lo niego, e negar non sapria,
  Ch’io non abbia ad Angelica fallito;
  Ma testimonio il celo e Dio me sia
  Che mi fu forza a prender tal partito
  Per li duo miei compagni e sua folìa,
  Benchè ciascun da me si tien tradito;
  Chè vennerno con meco a questïone,
  Ed io li presi, e posti li ho in pregione.

50 E benchè meco essi abbiano gran torto,
  Da loro io non avria perdon giamai;
  E come fosser fuora, io serìa morto,
  Perchè di me son più potenti assai;
  Onde per questo io te ragiono scorto,
  Che mai qua dentro tu non intrarai,
  Se tua persona non promette e giura
  Far con sua forza mia vita sicura.

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