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[St. 23-26] libro i. canto xvi 291

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23 Orlando gli menò d’un gran riverso
  Ad ambe man, di sotto alla corona,
  E fu il colpo tanto aspro e sì diverso,
  Che tutto il capo ne l’elmo gli intona.
  Avea Agricane ogni suo senso perso;
  Sopra il col di Baiardo se abandona,
  E sbigotito se attaccò allo arcione:
  L’elmo il campò, che fece Salamone.

24 Via ne lo porta il destrier valoroso;
  Ma in poco de ora quel re se risente,
  E torna verso Orlando, furïoso
  Per vendicarse a guisa di serpente.
  Mena a traverso il brando roïnoso,
  E gionse il colpo ne l’elmo lucente:
  Quanto puote ferire ad ambe braccia,
  Proprio il percosse a mezo della faccia.

25 Il conte riversato adietro inchina,
  Chè dileguate son tutte sue posse;
  Tanto fo il colpo pien di gran roina,
  Che su la groppa la testa percosse;
  Non sa se egli è da sera, o da matina,
  E benchè alora il sole e il giorno fosse,
  Pur a lui parve di veder le stelle,
  E il mondo lucigar tutto a fiammelle.

26 Or ben li monta lo estremo furore:
  Gli occhi riversa e strenge Durindana.
  Ma nel campo se leva un gran romore,
  E suona nella rocca la campana.
  Il crido è grande, e mai non fo maggiore:
  Gente infinita ariva in su la piana
  Con bandiere alte e con pennoni adorni,
  Suonando trombe e gran tamburi e corni.

i. V. introna. — 15. ijl, J|r, jìotc ', P. pot^.

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