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[St. 31-34] libro i. canto xvi 293

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31 Con romor sì diverso e tante crida
  Passato han Drada, la grossa riviera,
  Che par che il cel profondi e se divida.
  Dietro alle due venìa l’ultima schiera;
  Re Galifrone la governa e guida
  Sotto alle insegne di real bandiera,
  Che tutta è nera, e dentro ha un drago d’oro.
  Or lui vi lascio, e dico de Archiloro,

32 Che fo gigante di molta grandezza,
  Nè alcuna cosa mai volse adorare,
  Ma biastema Macone e Dio disprezza,
  E a l’uno e l’altro ha sempre a minacciare.
  Questo Archiloro con molta fierezza
  Primeramente il campo ebbe assaltare;
  Come un demonio uscito dello inferno
  Fa de’ nemici strazio e mal governo.

33 Portava il Negro un gran martello in mano,
  (Ancude non fu mai di tanto peso),
  Spesso lo mena, e non percote in vano:
  Ad ogni colpo un Tartaro ha disteso.
  Contra di lui è mosso il franco Uldano
  E Poliferno, di furore acceso,
  Con due tal schiere, che il campo ne è pieno;
  Ciascuna è cento millia, o poco meno.

34 E quei duo re, non già per un camino,
  Chè l’un de l’altro alora non se accorse,
  Ferirno al Negro nel sbergo acciarino,
  E quel si stette di cadere in forse,
  E fu per traboccar disteso e chino;
  Ma quel ferir contrario lo soccorse,
  Chè Poliferno già l’avea piegato,
  Quando il percosse Uldano a l’altro lato.

12. T. e MI. e « laltro. — 27. T. acciarrino. — 32. P. Uìdan da.

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