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[St. 27-30] libro i. canto xvii 309

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27 Già l’altro cavalliero era in arcione,
  Ed avia tratta la spada forbita;
  Ma il principe se driccia a Rubicone,
  Chè tutta l’altra gente era smarita
  E lui faceva sol deffensïone.
  Questa battaglia fo presto finita,
  Perchè Ranaldo de un colpo diverso
  Tutto il tagliò per mezo del traverso.

28 E dà tra li altri con molta tempesta,
  Benchè de occider la gente non cura,
  E spesso spesso de ferir se arresta,
  Ed ha diletto de la lor paura;
  Ma pur a quattro gettò via la testa,
  Duo ne partite insino alla cintura;
  Lui ridendo e da scherzo combattia,
  Tagliando gambe e braccie tuttavia.

29 Così restarno al campo e due pregioni,
  Ciascun legato sopra il suo destriero,
  Poi che fuggiti fôrno quei bricconi,
  Che de condurli a morte avian pensiero.
  Su il prato, tra bandiere e gonfaloni
  E targhe e lancie, è Rubicone altiero,
  Feso per mezo e tagliato le braccia:
  Ranaldo gli altri tutta fiata caccia.

30 Ma Iroldo, il cavallier ch’io vi contai
  Che stava alla fontana a lamentare,
  Poi che anco egli ebbe de lor morti assai,
  Corse quei duo pregioni a dislegare.
  Più non fu lieto alla sua vita mai;
  Prasildo abraccia, e non puotea parlare,
  Ma, come in gran letizia far si suole,
  Lacrime dava in cambio di parole.

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