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316 orlando innamorato [St. 55-58]

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55 Io vidi (e ancor mi par ch’io l’aggia in faccia)
  Giongere a Pandragone in sul traverso;
  Tagliolli il petto e nette ambe le braccia.
  Da poi ch’io vidi quel colpo diverso,
  Dugento miglia son fuggito in caccia,
  E volentier me avria nel mar sumerso,
  Perchè averlo alle spalle ognior mi pare.
  A Dio sïàti; io non voglio aspettare,

56 Ch’io non mi credo mai esser sicuro,
  Sin ch’io non sono a Roccabruna ascoso;
  Levarò il ponte, e starò sopra al muro. -
  Queste parole disse il paüroso,
  E fuggendo nel bosco folto e scuro
  Uscì de vista nel camino umbroso.
  La damisella e ciascun cavalliero
  Rimase del suo dire in gran pensiero.

57 E l’un con l’altro insieme ragionando
  Compreser che e baroni eran campati,
  E che quel cavalliero è il conte Orlando,
  Che facea colpi sì disterminati;
  Ma non sanno stimare o come o quando,
  E con qual modo e’ siano liberati;
  Ma tutti insieme sono de un volere:
  Indi partirsi ed andarli a vedere.

58 Fuor del deserto, per la dritta strada,
  Sopra il mar del Bacù van tuttavia.
  Essendo gionti al gran fiume di Drada,
  Videro un cavallier, che in dosso avia
  Tutte arme a ponto, ed al fianco la spada:
  Una donzella il suo destrier tenìa;
  Però che alor montava in arcïone,
  Quella teniva il freno al suo ronzone.

8. MI. A Dio stati] P. Ora a Dio siate. — 22. P. omm. e'. — 32. Mr. omm. suo.

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