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[St. 47-50] libro i. canto xviii 331

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47 Rispose il conte: - Quello Orlando sono
  Che occise Almonte e il suo fratel Troiano;
  Amor m’ha posto tutto in abandono,
  E venir fammi in questo loco strano.
  E perchè teco più largo ragiono,
  Voglio che sappi che ’l mio core è in mano
  De la figliola del re Galafrone
  Che ad Albraca dimora nel girone.

48 Tu fai col patre guerra a gran furore
  Per prender suo paese e sua castella,
  Ed io qua son condotto per amore
  E per piacere a quella damisella.
  Molte fiate son stato per onore
  E per la fede mia sopra alla sella;
  Or sol per acquistar la bella dama
  Faccio battaglia, ed altro non ho brama. -

49 Quando Agricane ha nel parlare accolto
  Che questo è Orlando, ed Angelica amava,
  Fuor di misura se turbò nel volto,
  Ma per la notte non lo dimostrava;
  Piangeva sospirando come un stolto,
  L’anima, il petto e il spirto li avampava;
  E tanta zelosia gli batte il core,
  Che non è vivo, e di doglia non muore.

50 Poi disse a Orlando: - Tu debbi pensare
  Che, come il giorno serà dimostrato,
  Debbiamo insieme la battaglia fare,
  E l’uno o l’altro rimarrà sul prato.
  Or de una cosa te voglio pregare,
  Che, prima che veniamo a cotal piato,
  Quella donzella che il tuo cor disia,
  Tu la abandoni, e lascila per mia.

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