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336 | orlando innamorato | [St. 7-10] |
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7 Non vedea lume per gli occhi nïente,
E l’una e l’altra orecchia tintinava;
Sì spaventato è il suo destrier corrente,
Che intorno al prato fuggendo il portava;
E serebbe caduto veramente,
Se in quella stordigion ponto durava;
Ma, sendo nel cader, per tal cagione
Tornolli il spirto, e tennese allo arcione.
8 E venne di se stesso vergognoso,
Poi che cotanto se vede avanzato.
"Come andarai - diceva doloroso
- Ad Angelica mai vituperato?
Non te ricordi quel viso amoroso,
Che a far questa battaglia t’ha mandato?
Ma chi è richiesto, e indugia il suo servire,
Servendo poi, fa il guidardon perire.
9 Presso a duo giorni ho già fatto dimora
Per il conquisto de un sol cavalliero,
E seco a fronte me ritrovo ancora,
Nè gli ho vantaggio più che il dì primiero.
Ma se più indugio la battaglia un’ora,
L’arme abandono ed entro al monastero:
Frate mi faccio, e chiamomi dannato,
Se mai più brando mi fia visto al lato."
10 Il fin del suo parlar già non è inteso,
Chè batte e denti e le parole incocca;
Foco rasembra di furore acceso
Il fiato che esce fuor di naso e bocca.
Verso Agricane se ne va disteso,
Con Durindana ad ambe mano il tocca
Sopra alla spalla destra de riverso;
Tutto la taglia quel colpo diverso.
0. P. Ne lì, — 24. T. e MI. al lato. - 32. T., MI. e Mr. Tutto la.