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338 orlando innamorato [St. 15-18]

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15 Io non me posso ormai più sostenire:
  Levame tu de arcion, baron accorto.
  Deh non lasciar questa anima perire!
  Batteggiami oramai, chè già son morto.
  Se tu me lasci a tal guisa morire,
  Ancor n’avrai gran pena e disconforto. -
  Questo diceva e molte altre parole:
  Oh quanto al conte ne rincresce e dole!

16 Egli avea pien de lacrime la faccia,
  E fo smontato in su la terra piana;
  Ricolse il re ferito nelle braccia,
  E sopra al marmo il pose alla fontana;
  E de pianger con seco non si saccia,
  Chiedendoli perdon con voce umana.
  Poi battizollo a l’acqua della fonte,
  Pregando Dio per lui con le man gionte.

17 Poco poi stette che l’ebbe trovato
  Freddo nel viso e tutta la persona,
  Onde se avide che egli era passato.
  Sopra al marmo alla fonte lo abandona,
  Così come era tutto quanto armato,
  Col brando in mano e con la sua corona;
  E poi verso il destrier fece riguardo,
  E pargli di veder che sia Baiardo.

18 Ma creder non può mai per cosa certa
  Che qua sia capitato quel ronzone;
  Ed anco nascondeva la coperta,
  Che tutto lo guarnia sino al talone.
  "Io vo’ saper la cosa in tutto aperta, -
  Disse a se stesso il figliol di Milone
  - Se questo è pur Baiardo, o se il somiglia;
  Ma se egli è desso, io n’ho gran meraviglia."

20. P. marmor al. — 27. P. n' ascondeva (e cosi il Virgili).

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