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[St. 27-30] libro i. canto xix 341

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27 Diceva Astolfo: - Star quivi non posso,
  Ch’io me vo’ vendicar con ardimento
  De quella gente, che mi venne addosso
  E mi gettarno in terra a tradimento.
  Io non serìa per tutto il mondo mosso,
  E più de un millïon n’avrebbi spento,
  Ma fui tradito da il falso Agricane:
  Oggi l’occiderò con le mie mane.

28 Fa che aggia l’arme e prestami un destriero,
  Chè incontinente giù voglio callare;
  E ben ti giuro che al colpo primiero
  Quindeci pezzi de uno uomo vo’ fare.
  Prenderò vivo l’altro cavalliero,
  Intorno al capo me il voglio aggirare,
  Poi verso il cel tanto alto il lascio gire,
  Che penarà tre giorni a giù venire. -

29 Ballano ed Antifor, che eran presenti
  Quando in tal modo Astolfo braveggiava,
  Nol cognoscendo per fama altrimenti
  Ciascun fuor de intelletto il iudicava.
  Ambi eran poderosi, ambi valenti,
  E perciò ciascun l’arme adimandava.
  Nel castello era molta guarnigione;
  Presto se armorno e montarno in arcione.

30 Astolfo prima gionse alla pianura,
  Sempre suonando con tempesta il corno;
  Ben mostra cavallier senza paura,
  Sì zoioso veniva e tanto adorno.
  Ora ascoltati che bella ventura
  Li mandò avanti Dio del cel quel giorno,
  Chè proprio nella strata se incontrava
  In un che l’arme e sua lancia portava.

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