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388 | orlando innamorato | [St. 11-14] |
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11 Perchè tante ne son fatte nel mondo,
Strane e diverse, come aggio sentito,
Che per vergogna già non me nascondo
Se anch’io ne feci un’altra al mio marito;
Anci mi torna l’animo iocondo
D’ognor ch’io mi ramento a qual partito
Fo da me scorto quel vecchio canuto,
Che sì scaltrito al mondo era tenuto.
12 Sì come alla fontana io te contai,
Quel vecchio di me fece il male acquisto;
Il celo e la fortuna biastemai,
Ma ad esso assai toccava esser più tristo,
Chè ne dovea sentire eterni guai,
Nè fu dal suo gran senno assai provvisto
A prender me fanciulla, essendo veglio;
Che tuorla antica o star senza era meglio.
13 Lui me condusse con solenne cura,
Con pompa e con trionfo glorïoso,
Ad una rocca che ha nome Altamura,
Dove il suo gran tesor stava nascoso.
Di quel che gli intravenne ebbe paura,
Nè ancor vista m’avea, che era zeloso;
Però me pose dentro a quel girone,
Intro una ciambra, peggio che pregione.
14 Là mi stavo io, de ogni diletto priva,
E campi e la marina a riguardare,
Perchè la torre è posta in su la riva
D’una spiaggia deserta, a lato al mare:
Non vi puotria salir persona viva
Che non avesse l’ale da volare,
E sol da un lato a quel castello altiero
Salir se puote per stretto sentiero.
3. MI. me nascondo. — 6. MI. e Mr. ramembro. — 20. Mr. e P. il suo tesoro. — 27. T. MI, ^ P, la terra, — 32. P, Salir si può per un.