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[St. 7-10] libro i. canto xxiii 403

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7 Vene questo omo adosso a Brandimarte,
  Col scudo in braccio e la maza impugnata;
  Non ha di guerra lui senno nè arte,
  Ma legerezza e forza smisurata.
  Non era il baron vòlto in quella parte,
  Ma là dove la dama era legata;
  E se lei forse non se ne avedia,
  Quello improviso adosso li giongia.

8 De ciò non se era Brandimarte accorto,
  Ma quella dama, che ’l vide venire,
  Cridò: - Guârti, baron, che tu sei morto! -
  Non se ebbe il cavalliero a sbigotire;
  E più d’esso la dama ebbe sconforto
  Che di se stessa, nè del suo morire,
  Perchè con tutto il cor tanto lo amava
  Che, sè scordando, sol di lui pensava.

9 Presto voltosse il barone animoso
  E se ricolse ad ottimo governo;
  E quando vide quel brutto peloso,
  Beffandolo fra sè, ne fie’ gran scherno;
  E stette assai sospeso e dubbïoso
  Se questo era omo o spirto dello inferno;
  Ma sia quel che esser voglia, e’ non ne cura,
  E vallo a ritrovar senza paura.

10 A prima gionta il salvatico fiero
  Menò sua mazza, che cotanto pesa,
  E gionse sopra il scudo al cavalliero,
  Che ben stava coperto in sua diffesa;
  E come quel che è scorto a tal mestiero,
  Taglia quella col brando alla distesa.
  Come lui vide rotta la sua mazza,
  Saltagli adosso e per forza l’abbrazza.

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