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[St. 39-42] libro i. canto xxiii 411

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39 E sopra il braccio destro lo percosse,
  Come ebbe de improviso ad arivare,
  E con tanta ruina lo commosse,
  Che quasi il fece il brando abandonare.
  Pensati se Ranaldo ora adirosse,
  Che perder non vo’ tempo al racontare;
  Forte cridando, giura a Dio divino
  Che tutti non gli stima un vil lupino.

40 E se rivolta contra a Chiarïone,
  E darli morte al tutto è delibrato;
  Ma già per questo non resta Grifone,
  Nè il lascia prender lena e trare il fiato.
  Ecco Aquilante ariva alla tenzone,
  Che era de stordigion già ritornato,
  Ma non già al tutto, perchè veramente
  Non s’accorgea de gli altri duo nïente:

41 De gli altri duo che, ciascadun più fiero,
  Stanno d’intorno Ranaldo a ferire;
  Ciò non pensa Aquilante, quello altiero,
  Ma sua battaglia destina finire.
  Spronando a gran ruina il suo destriero
  Lascia sopra a Ranaldo un colpo gire
  Tanto feroce, dispietato e crudo,
  Che tagliò tutto per traverso il scudo.

42 Sotto il scudo la piastra del bracciale
  Sopra un cor’ buffalino era guarnita;
  La manica de maglie nulla vale,
  Chè gli fece nel braccio aspra ferita.
  A’ circonstanti ciò parea gran male;
  Sopra a gli altri Marfisa, quella ardita,
  Va correndo, chè apena ritenuto
  Se era sin ora di donargli aiuto.

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