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[St. 31-34] libro i. canto xxiv 423

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31 Più de otto braccia ad alto l’ha gettato,
  E cade in terra con grave percossa.
  Gionse il secondo, e col corno ferrato
  Ruppe le piastre, usbergo e maglia grossa,
  E un’altra fiata al cel lo ebbe levato,
  E ben gli fe’ doler le polpe e l’ossa;
  Vero è che alcun di lor non l’ha ferito,
  Perchè è fatato il cavalliero ardito.

32 Or se lui se turbò, non dimandate,
  Chè contar non puotria la voce umana;
  Come ebbe in terra le piante fermate,
  Ben dimostrava sua forza soprana,
  Botte menando tanto desperate
  Che sibillar faceva Durindana;
  E per le corne e pel dosso peloso
  Mena a traverso il conte furïoso.

33 Ma, come il brando suo fosse de un fusto,
  Non li puotea tagliar la pelle adosso;
  Così fatato avean quei tori il busto,
  Che tutti e brandi un pel no’ gli avrian mosso;
  E benchè ’l conte fosse aspro e robusto,
  L’avean di qua, di là tanto percosso,
  Con le corne di ferro sì pistato,
  Che a gran fatica puotea trar il fiato.

34 Pur, come quel che è fiero oltra a misura,
  Facea del suo dolore aspra vendetta;
  Sempre combatte con vista secura,
  E de ferire a l’uno e a l’altro afretta;
  E benchè abbian la pelle e grossa e dura,
  Muggiavan molte fiate per gran stretta,
  Chè lui feriva con tanta roina,
  Che spesso a terra or questo or quello inchina.

4. MI. Rope; Mr. Roppc, P. Rompe. — 5. P. volta. — 7. T. e Mr. omm. è. — 10. Mr. non Zo; P. no 'l. — 20. MI. non lavria. — 28. T. e MI. pittato', P. e sì fiaccato. — 20. T. e MI. e grossa e.

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