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[St. 3-6] | libro i. canto xxv | 431 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Boiardo - Orlando innamorato I.djvu{{padleft:441|3|0]]
3 Tanta fatica adunque e tanto stento
Aver durato me incresce per certo;
Ma tardo ormai ed indarno mi pento,
Ch’indarno un tanto affanno aggio sofferto.
È questo ciò che me die’ far contento?
È questo il guidardone? È questo il merto,
Qual promise la dama in abandono,
Che doveva apparire al terzo suono?"
4 Così dicendo ratto si voltava
Per girne altrove, tutto disdegnoso;
Il conte il corno per terra gettava
E via fugiva a corso roïnoso.
Ma la donzella a gran voce il chiamava:
- Aspetta, aspetta, baron valoroso!
Chè non è al mondo re nè imperatore,
Che abbia ventura di questa maggiore.
5 Ascolta adunque il mio parlar, che spiana
Di questa cucciarella il bel lavoro.
Una isoletta non molto lontana
Ha il nome ed ha lo effetto del tesoro;
Ivi è una fata, nomata Morgana,
Che alle gente diverse dona l’oro;
Quanto per tutto il mondo or se ne spande,
Convien che ad essa prima se dimande.
6 Lei sotto terra il manda a l’alti monti,
Dove se cava poi con gran fatica;
E ne’ fiumi l’asconde e dentro a’ fonti,
E in India, dove il coglie la formica.
Abada e guarda ben che sian disgionti,
Chè ciascaduno un pesce ne nutrica;
E vo’ che sappi il nome per ragione:
Timavo è l’uno, e l’altro è il carpïone.
11. T. e MI. Il corno. — 25. Mr. a laliri, — 30. Mr. un pezo.