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[St. 11-14] libro i. canto xxv 433

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11 Perchè quel giorno, giongendo alla fonte
  Dove se tuffa il cervo pauroso,
  Quivi si prende senza oltraggio ed onte,
  E fa il suo cacciatore aventuroso,
  Però che muta e corni dalla fronte
  Sei volte il giorno, e ciascuno è ramoso
  Di trenta bronchi; e la rama distesa
  Con bronchi insieme cento libre pesa.

12 Sì che tanto tesoro adunarai,
  Come abbi preso quel cervo afatato,
  Che ne serai contento sempre mai,
  Se la ricchezza fa l’omo beato.
  Forse che ancor l’amore acquisterai
  Di quella fata che t’aggio contato:
  Dico Morgana da quel viso adorno,
  Più bella assai che ’l sole in mezo il giorno. -

13 Orlando sorridendo l’ascoltava
  Ed a gran pena la lasciò finire,
  Perchè esso le ricchezze non curava,
  Qual gli ebbe la donzella a proferire,
  Sì che rispose: - Dama, non mi grava
  Avermi posto a rischio de morire,
  Però che di periglio e di fatica
  L’onor de cavallier sol se nutrica.

14 Ma l’acquisto de l’oro e de l’argento
  Non m’avria fatto mai il brando cavare;
  Però chi pone ad acquistar talento,
  Lui se vôl senza fine affaticare;
  E come acquista più, manco è contento,
  Nè si può lo appetito sazïare;
  Chè qualunche n’ha più, più ne desia:
  Adunque senza capo è questa via.

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