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[St. 15-18] libro i. canto xxvii 467

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15 E si feriano con tanta nequizia
  Che a vendetta crudel serìa bastante,
  E con aspro parlar l’un l’altro astizia.
  Diceva al fio d’Amone il sir d’Anglante:
  - Oggi hai trovato il brando di iustizia!
  Confessa le tue amende tutte quante;
  Che sei per fama publico ladrone,
  Io vo’ che tu ’l confessi, e far ragione. -

16 - Tu te credi tuttora essere in Franza, -
  Disse Ranaldo - e gli altri minacciare.
  Chi cambia terra, die’ cambiare usanza;
  Re Carlo quivi non può comandare.
  Tu me di’ villania con arroganza,
  E credi ch’io te ’l voglia comportare?
  Ed a farne la prova in ogni loco,
  Io son meglior di te molto, e non poco.

17 Di che hai superbia, dimme, bastardone?
  Perchè occidesti Almonte alla fontana,
  Che era legato in braccio al re Carlone,
  Ora te vanti, e porti Durindana
  Come acquistata per dritta ragione.
  Ben sei proprio figliol d’una puttana,
  Qual, perso che ha l’onor, più non lo stima
  E più sfacciata è dopo il fal che in prima.

18 Datte forse arroganza il re Troiano?
  Nè ti vergogni di quella novella,
  Che, ancor ferito a morte e senza mano,
  Te trasse a tuo dispetto de la sella?
  Tu insieme lo occidesti in su quel piano:
  Va, ti nascondi, va, vil feminella!
  Tra gli omini apparere hai ardimento,
  E sei condutto a tanto tradimento? -

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