< Pagina:Boiardo - Orlando innamorato I.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.
468 orlando innamorato [St. 19-22]

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Boiardo - Orlando innamorato I.djvu{{padleft:478|3|0]]

19 Diceva Orlando a lui: - Non fa mestiero
  De la nostra bontade disputare;
  Chè tu sei ladro, ed io son cavalliero,
  E tutto il mondo lo sa iudicare;
  E bene aggio ragion s’io sono altiero
  De Almonte e de Troian, che hai a contare,
  Che fur di tanto pregio e di tal raccia,
  Che non gli avresti tu guardati in faccia.

20 Fovi meco Rugiero e quel don Chiaro
  Che era corona d’ogni paladino,
  Quai stati non serian con un tuo paro,
  Chè alcun di lor non era malandrino.
  Or tu te vanti, e pôi bene aver caro,
  De avere occiso il forte re Mambrino;
  Ma non sa dir alcun come andò il fatto,
  Perchè tu pur fuggisti al primo tratto.

21 Quella battaglia fu molto nascosa
  Là dopo il monte, e senza testimonio;
  Chi giurarà come andasse la cosa,
  E se il tuo Malagise col demonio
  Te dette la vittoria sì pomposa?
  Ed odito aggio ancora, o ch’io me insonio,
  Che il fratel Constantin pur fu ferito
  Dopo le spalle, e fu da te tradito. -

22 Così l’un l’altro con grave rampogna
  Se oltraggiavano insieme e cavallieri;
  Ora altro che parole ivi bisogna,
  Perchè dal ragionare a i colpi fieri
  Eran venuti, e l’ira e la vergogna
  Gli avea spronati e fatti tropp’altieri;
  E se ferian con tanta crudeltade,
  Che ad ogni colpo fan foco le spade.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.