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[St. 15-18] | libro i. canto xxviii | 483 |
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15 Non vide il mondo mai cosa più cruda
Che il fiero assalto di questa battaglia,
E ciascun sol mirando trema e suda:
Pensati che fa quel che se travaglia!
In più parte avean lor la carne nuda,
Chè mandate han per terra piastra e maglia.
Ranaldo sopra al conte se abandona,
Nel forte scudo il gran colpo risuona.
16 Il scudo aperse e il brando dentro passa:
Sopra la spalla gionse al guarnimento,
La piastra del braccial tutta fraccassa.
Sente a quel colpo il conte un gran tormento;
Adosso de Ranaldo andar se lassa,
E ben sembra al soffiar tempesta e vento;
A man sinestra gionge il brando crudo,
Sino alla spalla rompe e parte il scudo.
17 A poco a poco più l’ira s’accende:
Ranaldo sopra l’elmo gionse il conte;
Taglio del brando a questo non offende,
Però che era incantato e fu de Almonte,
Ma il cavallier stordito se distende
Per quel colpo superbo che ebbe in fronte,
E rivenne in se stesso in poco d’ora;
Ira e vergogna al petto lo divora.
18 Stringendo e denti, il forte paladino
Mena a Ranaldo un colpo nella testa:
Gionse ne l’elmo che fu de Mambrino;
Non fu veduta mai tanta tempesta.
Quel baron tramortito andava e chino,
Via fugge Rabicano, e non s’arresta,
Intorno al campo, e par che metta l’ale;
Al conte Orlando il suo spronar non vale.