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[St. 47-50] | libro i. canto iii | 57 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Boiardo - Orlando innamorato I.djvu{{padleft:67|3|0]]
47 Ma chiama più Ranaldo crudel molto,
Parlando in voce colma di pietate.
"Chi avria creduto mai che quel bel volto -
Dicea lei - fosse senza umanitate?
Già non me ha il cor amor fatto sì stolto
Ch’io non cognosca che mia qualitate
Non se convene a Ranaldo pregiato;
Pur non die’ sdegnar lui de essere amato.
48 Or non doveva almanco comportare
Ch’io il potessi vedere in viso un poco,
Chè forse alquanto potea mitigare,
A lui mirando, lo amoroso foco?
Ben vedo che a ragion nol debbo amare;
Ma dove è amor, ragion non trova loco,
Per che crudel, villano e duro il chiamo;
Ma sia quel che si vôle, io così l’amo."
49 E così lamentando ebbe voltata
Verso il faggio la vista lacrimosa:
- Beati fior, - dicendo - erba beata,
Che toccasti la faccia grazïosa,
Quanta invidia vi porto a questa fiata!
Oh quanto è vostra sorte aventurosa
Più della mia! Che mo torria a morire,
Se sopra lui me dovesse venire. -
50 Con tal parole il bianco palafreno
Dismonta al prato la donzella vaga,
E dove giacque Ranaldo sereno,
Bacia quelle erbe e di pianger se appaga,
Così stimando il gran foco far meno;
Ma più se accende l’amorosa piaga.
A lei pur par che manco doglia senta
Stando in quel loco, ed ivi se adormenta.
5. MI. non me ha il cor amor', Mr. non me ha il cor; P. non m' ha il cor fatto cotanto. — 22. T. O. — 2:J. MI. rne tovrìa. — 24. P. soj^ra me dovesse quel .