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[St. 67-70] libro i. canto iv 83

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67 Ferragù segue dentro al paviglione.
  L’Alfrera, che se vide al ponto stretto,
  Getta Isoliero e mena del bastone,
  Ed ebbel gionto sopra al bacinetto,
  E sbalordito il fe’ cader de arcione:
  Quel gran gigante li fu presto al petto.
  Così fu preso l’ardito guerreri.
  Torna l’Alfrera, e prese anco Isolieri.

68 Dicea l’Alfrera: - Io ti so dir, segnore,
  Che nostra gente è rotta ad ogni modo,
  Chè quel Ranaldo è di troppo valore.
  Mal volentiera un tuo nemico lodo;
  Ma, senza dir d’altrui, lui si fa onore,
  E poco d’ora fa, sì come io odo,
  Partì la testa al gigante Balorza;
  Or pôi pensar, segnor, se egli ha gran forza.

69 A chi te piace de’ tuoi ne dimanda,
  Benchè anch’io sappia della sua possanza,
  Chè ’l re Faraldo d’una ad altra banda
  Vidi io passato d’un scontro de lanza.
  Il re di Persia a Macon racomanda,
  Che fu pur gionto a simigliante danza.
  Debb’io tacer di me, che andai per terra,
  Che mai non mi intervenne in altra guerra? -

70 Dicea Gradasso: - Può questo Iddio fare,
  Che quel Ranaldo sia tanto potente?
  Chi me volesse del cel coronare
  (Perchè la terra io non stimo nïente),
  Non me potrebbe al tutto contentare,
  S’io non facessi prova de presente,
  Se quel barone è cotanto gagliardo
  Che mi diffenda il suo destrier Baiardo. -

H. r. gigante fiero e maledetto. — 12. Mr. voluntiera. — 13. P. eL - 24. P. ili tra e enne, — 28. MI. e Mr. omm. /o; P. terra non eutlmo.

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