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[St. 35-38] libro iii. canto vii 107

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35 Come fo gionto giù tra quella festa
  Nel bel palagio de cristallo e de oro,
  Un de’ cerchielli al conte pose in testa,
  E li altri a li altri duo senza dimoro.
  Così la fatason fu manifesta
  Subitamente a tutti quattro loro;
  E le dame lasciarno e ogni diletto,
  Uscendo fuor del fiume a lor dispetto.

36 Sì come zucche in su vennero a galla;
  Prima de l’acqua sorsero e cimieri,
  Poi l’elmo apparve e l’una e l’altra spalla,
  Ed alla riva gionsero legieri.
  Quindi, levati a guisa di farfalla
  Che intorno al foco agira volentieri,
  Sospesi fuôr da un vento in poco de ora,
  Qual li soffiò di quella selva fuora.

37 Chi avesse chiesto a lor come andò il fatto,
  Non l’avrebbon saputo racontare,
  Come om che sogna e se sveglia di tratto,
  Nè può quel che sognava ramentare.
  Eccoti avanti a lor ariva ratto
  Un nano, e solo attende a speronare;
  E, come presso e cavallier si vede,
  - Segnor, - cridava - odeti per mercede!

38 Segnor, se amati la cavalleria,
  Se adiffendeti il dritto e la iustizia,
  Fati vendetta de una fellonia
  Maggior del mondo e più strana nequizia. -
  Disse Gradasso: - Per la fede mia!
  Se io non temessi di qualche malizia
  E de esser per incanto ritenuto,
  Io te darebbi volentieri aiuto. -

15. T., Mr. e P. Sospesi. — 23. Mr. apreaso: P. appresso a.

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